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COSA VUOL DIRE PARTECIPARE AD UNO STUDIO CLINICO ?

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Partecipare ad uno studio clinico
Cosa, come e perchè

Quali sono le opportunità e quali gli svantaggi ad entrare a far parte di una sperimentazione su un farmaco o su un approccio terapeutico innovativo per il cancro.

La storia

Carlo aveva 67 anni quando cominciò ad avvertire un dolore continuo ed intenso alla gamba sinistra: non riusciva più a camminare bene, né a dormire. I comuni antidolorifici non avevano alcun effetto. ll suo medico gli aveva allora prescritto una lastra. A quell’esame ne seguirono altri: per primo una TAC, che rivelò una possibile “lesione osteolitica secondaria”.
Una metastasi all’osso. Ma di quale tumore?
La risposta arrivò con la biopsia: lui, che non aveva mai fumato né aveva avuto problemi respiratori, nel giro di un mese si era ritrovato a dover fare i conti con un carcinoma polmonare al quarto stadio.

All’inizio, la malattia sembrava rispondere bene alla cura standard, ma dopo circa un anno gli esami mostrarono nove lesioni, segno che la cura non stava più funzionando.

Bisognava cambiare. Una possibilità, gli disse la sua oncologa, era di entrare in uno studio clinico. Carlo, infatti, presentava i requisiti rchiesti per essere inserito in una sperimentazione: avrebbe potuto accedere ad una cura sperimentale, “però” Carlo viveva a Cagliari in Sardegna, mentre lo studio si svolgeva a Torino.
Valeva la pena, nelle sue condizioni, affrontare il viaggio e fare avanti e indietro per mesi, senza alcuna garanzia che la nuova cura sarebbe stata efficace? Gli sembrava di diventare una “cavia”. Decise quindi di fidarsi della sua oncologa.
Oggi, ad un anno e mezzo da quella scelta, la malattia di Carlo è stabile e ben controllata.

Vantaggi e svantaggi di partecipare ad uno studio clinico.

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“Ovviamente le cose non vanno sempre così”, spiega Silvia Novello, Professore Ordinario di Oncologia Medica presso l’Università di Torino.
“Ci sono opportunità e rischi nel partecipare ad una sperimentazione clinica, e spesso non sono ben chiari ai pazienti.
Il vantaggio più importante è certamente quello di poter accedere a farmaci o ad approcci terapeutici innovativi (pensiamo per esempio a un tipo di intervento chirurgico o ad un nuovo trattamento radioterapico) rispetto allo standard di cura.
Inoltre può significare accedere ad una modalità di cura prima che questa dive disponibile in ltalia, perché attraverso uno studio clinico si può ricevere un trattamento farmacologico magari già disponibile negli Stati Uniti, ma non ancora in Europa. Un altro aspetto da considerare è rappresento dai frequenti controlli ed esami cui si deve sottoporre un paziente arruolato in uno studio clinico (si parla di almeno un accesso in ospedale alla settimana, ndr.): alcuni pazienti percepiscono questo come un vantaggio, perché da loro la sensazione di essere più seguiti. Infine una piccola percentuale di pazienti si sente gratificata dal contribuire alla ricerca”.

E per quanto riguarda i contro?

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“Uno svantaggio è quello della randomizzazione“, risponde Novello: “per dimostrare che un nuovo approccio è più efficace dello standard di cura, i ricercatori devono spesso fare un paragone tra i due. A seconda del tipo di studio, è quindi possibile che un paziente non riceva il trattamento sperimentale, ma quello standard. Vi è poi lo svantaggio di non sapere se il nuovo trattamento sarà davvero più efficace di quello standard: è importante far capire che non vi sono certezze, ma si tratta, appunto, di uno studio che ha quasi sempre come alternativa il poter ricevere una cura standard, e che il parteciparvi è assolutamente volontario ed il consenso può essere ritirato in qualsiasi momento il paziente lo desideri.

Nessuno è una cavia.

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La percezione di cosa significhi partecipare ad una sperimentazione cambia poi molto da persona a persona. C’è chi si sente un numero, e di conseguenza non ben seguito, anche quando trattato al di fuori di studi clinici: questo fa parte del vissuto e della percezione di ognuno di noi.
La frase che ancora oggi è la più pronunciata dai non addetti ai lavori quando si parla di studi cilinici è la stessa detta da Carlo: non voglio fare da cavia.
“Spesso – racconta l’oncologa – i pazienti credono che saranno sottoposti a strani esperimenti. Questa paura va assolutamente tenuta in considerazione da parte dei medici. Credo che l’importante sia non dare l’impressione di cercare di “vendere qualcosa a tutti i costi”, non dire che il nuovo trattamento è sicuramente migliore di ciò che è già disponibile e di non far pensare al paziente che se sarà arruolato in uno studio sarà seguito meglio.

“Si cerca sempre di spiegare tutti i dettagli degli studi clinici in maniera semplice, premettendo che in ogni caso, se anche non si aderisce alla sperimentazione si, riceverà comunque la terapia più indicata”.
(di TIZIANA MORICONI)

Fonte: Pubblicazione LILT “Prevenire Insieme”

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