
Abbiamo individuato un intervento del dott. Pietro Lampertico – Primario al Policlinico di Milano che disserta sul fegato “grasso”. Pensiamo sia di un certo interesse e quindi ve lo proponiamo.
Come prevenire un peggioramento?
La steatosi epatica: di che cosa si tratta?
A quali conseguenze vado incontro?
Quali sono le terapie?
In questi casi si parla di epatopatia metabolica (o sindrome metabolica), che, si stima nei Paesi Occidentali riguardi il 25% delle persone, anche se probabilmente si tratta di una stima ottimistica. Visto che la malattia è asintomatica, la diagnosi avviene di solito casualmente, nel corso di accertamenti richiesti per altre ragioni dal medico curante o da specialisti come il diabetologo o il cardiologo. In genere il sospetto nasce dopo un’ecografia addominale in cui viene notato un fegato più grande del normale oppure “brillante” (come di dice in gergo) o dopo un esame del sangue in cui le transaminasi (enzimi prodotti dal fegato) siano superiori alla norma.
Questi riscontri, però, da soli non bastano per distinguere fra la steatosi «semplice» e le sue forme potenzialmente progressive. Per questo è necessario approfondire la situazione.
L’anamnesi, cioè la raccolta della storia clinica del paziente, è fondamentale: infatti il tempo trascorso dalla alterazione delle transaminasi e dal riscontro di steatosi all’ecografia, è essenziale per valutare la cronicità del danno epatico.
Inoltre è fondamentale la ricerca dei fattori potenzialmente responsabili dell’accumulo di grasso (dislipidemia, intolleranza glucidica, diabete, sovrappeso o obesità, assunzione di alcolici).
Quando si possano escludere altre cause di danno epatico (virali, tossiche, alcool, malattie da accumulo), nella maggior parte dei casi si tende a propendere per una diagnosi di steatosi semplice; tuttavia non è sempre così poiché non è infrequente trovare, ad esempio, esami persistentemente normali in soggetti diabetici talvolta già portatori di cirrosi.
Infine, l’esclusione di altre cause di patologie del fegato (acute o croniche) è decisiva per arrivare alla diagnosi, definita, per esclusione, di epatopatia metabolica.
La steatosi epatica (più comunemente nota come “fegato grasso”) è una condizione frequente che consiste, appunto, nell’accumulo di grasso nel fegato. Di per sé non dà sintomi e non è patologica, però può evolvere in infiammazione (steatoepatite) e fibrosi, che possono portare allo sviluppo di cirrosi epatica.

Il meccanismo alla base della steatosi è l’insulino-resistenza, cioè un’aumentata resistenza da parte dell’organismo all’azione dell’Insulina, problema associato allo sviluppo di diabete, obesità, ipertensione arteriosa e aterosclerosi, e quindi a un aumentato rischio di malattia cardiovascolare.
Steatosi e steatoepatite sono sempre più diffuse nel nostro Paese; chi ne soffre spesso ha anche il diabete , la pressione alta , il colesterolo e/o trigliceridi alti oppure è obeso .
Sebbene la diagnosi di epatopatia metabolica possa avvenire più per esclusione di altre cause e le tecniche non invasive di “stadiazione” della malattia possano essere utili per valutare la presenza di fibrosi, l’esame istologico tramite biopsia epatica rappresenta l’unico in grado di dare informazioni certe e di identificare le caratteristiche microscopiche proprie della steatoepatite (infiammazione e degenerazione delle cellule epatiche) e di valutare la presenza di fibrosi e alterazioni strutturali (come la cirrosi) del fegato.
Questo è fondamentale, perché i pazienti portatori di steatopatite e di fibrosi al momento della diagnosi sono quelli a rischio di sviluppare nel tempo una malattia di fegato significativa, con un rischio di tumore del fegato e mortalità correlata pari allo 0,5% al 2,5% per anno, rispettivamente.
In aggiunta, la correzione delle cause sottostanti l’epatopatia metabolica (colesterolo e/o trigliceridi alti, diabete) giocano un ruolo fondamentale nel modificarne la storia naturale.
Purtroppo non esistono terapie famacologiche approvate contro le steatosi e la steatoepatite. Nonostante molte molecole siano in fase di sviluppo, le raccomandazioni internazionali indicano nel calo di peso e nella regolare attività fisica gli unici strumenti in grado di agire su queste condizioni, potenzialmente reversibili.
Fonte: Pubblicazione LILT “Prevenire Insieme”

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