
Nel nostro Paese 5 miliardi e 659 milioni spesi nel 2018 per farmaci anticancro.
Perché il sistema regga serve più prevenzione!

Nuove terapie, qualità di vita dei malati e sostenibilità del sistema sono i temi cruciali attorno ai quali ruotano le centinaia di studi presentati al congresso annuale della European Society for Medical Oncology (Esmo).
In Italia nel 2019 state stimate oltre 350mila nuove diagnosi di cancro. E’ stato riscontrato che l’incidenza dei tumori è in calo sia negli uomini che nelle donne e così pure la mortalità.
Negli ultimi anni la disponibilità di maggiori conoscenze di biologia molecolare ha consentito lo sviluppo di farmaci sempre più mirati. Le nuove conoscenze sulla modalità di funzionamento del sistema immunitario hanno, inoltre, aperto la strada a trattamenti che, invece di agire direttamente sulle cellule tumorali a spese di grossi effetti collaterali sulle cellule sane, agiscono sul sistema immunitario per spingerlo ad eliminare le cellule malate.
Questi due ambiti di ricerca, ormai di pratica clinica (ovvero già disponibili per i pazienti) per alcune patologie, hanno consentito di ottenere risultati prima insperati nel trattamento di malati spesso precedentemente candidati a sopravvivenze molto limitate.
La sfida futura è far capire alle persone cosa possono fare per non ammalarsi di cancro e arrivare a una prevenzione personalizzata di ogni persona sulla base dei rischi genetici.
Un milione di italiani è guarito dal cancro. Ma il costo delle terapie anticancro è sempre in crescita. La spesa per i farmaci anticancro in Italia ha raggiunto i 5 miliardi e 600 milioni nel 2018.
A fronte di un costante incremento delle uscite per la cura dei tumori, nel nostro Paese tutti i pazienti riescono ad accedere alle terapie migliori.

I nuovi farmaci hanno peraltro costi esorbitanti e la spesa sanitaria per i farmaci oncologici sta quindi lievitando in modo esponenziale e misure tipo il fondo per farmaci innovativi, hanno solo parzialmente aiutato a risolvere il problema in un sistema sanitario di tipo universalistico (e conviene a tutti che resti tale) che rischia di soccombere proprio all’aumento dei costi.
La sopravvivenza a 5 anni è il miglior strumento per valutare l’efficacia di un sistema sanitario nella lotta al cancro. In Italia raggiunge il 63% ed è migliore della media europea (57%). Non solo. In Italia le morti per cancro diminuiscono in misura maggiore rispetto al resto d’Europa. Il nostro Paese si trova al primo posto in questa classifica: in 15 anni (2001-2016) il calo dei decessi è stato pari al 17,6%. Un risultato molto importante, se si considera che l’impatto dei farmaci oncologici sulla spesa farmaceutica totale rimane inferiore a quello degli altri Paesi europei.
In Italia il prezzo medio dei trattamenti antitumorali è fra i più bassi d’Europa. E l’aumento della sopravvivenza garantito dai farmaci innovativi garantisce un circolo virtuoso.
Che però rischia di spezzarsi, se non si individuano nuove strade per garantire la sostenibilità del sistema.
Per la prima volta, anche da noi si comincia a parlare di tossicità finanziaria, la crisi economica individuale conseguente al cancro e alle sue cure. Un problema che fino a pochi anni fa era confinato agli Stati Uniti.
Posto che non solo i costi dei farmaci sono alla base del rischio sostenibilità, un impegno importante deve essere posto, alla riduzione degli accertamenti e degli interventi inutili, all’ottimizzazione dei percorsi gestionali e quindi alla riduzione dei malati coinvolti.
La riduzione del numero di pazienti è possibile intervenendo sugli stili di vita ed evitando quindi l’insorgenza della malattia, ma una strada altrettanto efficace è quella di trovare la malattia in una fase in cui un trattamento di breve durata garantisca quasi a tutti la guarigione evitando trattamenti costosi per lunghi periodi. Si rendono quindi necessarie, a fianco di campagne di educazione e formazione, metodiche di prevenzione secondaria che consentano di individuare la malattia in una fase precoce.

Accanto quindi a una terapia personalizzata, basata sulla selezione dei pazienti, la sfida futura sarà quella di arrivare a una prevenzione personalizzata sulla base dei rischi genetici, e quindi non modificabili solo con gli stili di vita, di ogni singolo soggetto.
Solo uno sviluppo di organizzazione, terapia e prevenzione personalizzata potrà dare benefici tali da mantenere la sostenibilità del sistema, guarendo al contempo un numero sempre maggiore di pazienti».
Da una intervista con il presidente dell’AIOM dott. Giordano Beretta (di Vera Martinella)
Fonte: Pubblicazione LILT “Prevenire Insieme”

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