Gentile Dottore, Le chiediamo di riassumere le tappe che hanno condotto alla creazione di questo servizio.
Dopo il 2000 da una piccola unità di Geriatria dell’Ospedale di Bolzano, con grandi difficoltà e poche risorse, insieme ad un gruppo di medici ed infermieri, abbiamo iniziato a lavorare a questo progetto. Nel marzo 2010, con la approvazione della legge 38, le cure palliative sono diventate un diritto da garantire a tutte le persone con patologie ad andamento cronico ed evolutivo. Nel gennaio 2011 è stata ufficializzata la nascita del Servizio Cure Palliative, allora attive prevalentemente presso l’Ospedale di Bolzano. Nel 2016, grazie anche al contributo dell’Associazione “Il Papavero – der Mohn”, è stato ristrutturato il vecchio reparto, oggi l’unico Hospice pubblico esistente in Alto Adige. Negli anni successivi, grazie alla stretta collaborazione con i colleghi dell’Oncologia, è stato istituito l’ambulatorio di cure palliative simultanee, successivamente abbiamo potenziato l’assistenza domiciliare (oggi segue oltre 500 persone all’anno). A novembre 2019 è stata istituita la Struttura Complessa Aziendale di Cure Palliative che organizza l’assistenza ai malati bisognosi di cure palliative e alle loro famiglie su tutto il territorio provinciale.
Quali sono le finalità che si prefigge il servizio?
In Italia più di 500 mila persone con malattie croniche inguaribili avrebbero bisogno di cure palliative, la metà sono malati oncologici. Questi trascorrono lunghi periodi in condizioni di sofferenza a causa di disturbi fisici, stress psicologico, difficoltà economiche ed assistenziali, disagio spirituale. Questa condizione di estrema sofferenza viene definita “dolore totale”. Purtroppo la maggior parte delle persone sono convinte che cure palliative sia sinonimo di fine della vita e palliativo è quindi un termine che incute paura. È necessario invece avere una visione diversa che affidi alle cure palliative un fondamentale ruolo di supporto. Esse si affiancano alle terapie curative in un sistema che viene definito di cure simultanee già in una fase precoce del percorso di malattia per gestire i diversi bisogni della persona con la garanzia di una continuità assistenziale che è necessaria per dare sicurezza al malato e supporto alla sua famiglia.
Di che tipo di equipe si avvale il Suo reparto e in che maniera Lei, in qualità di primario, promuove l’autoefficacia del singolo e dell’organizzazione?
Professionisti con competenze diverse si prendono cura ogni giorno delle persone con l’intento di migliorarne la qualità di vita. Oggi la medicina è fortemente concentrata sulla malattia e molto spesso non conosce e non tiene conto dei timori e dei desideri della persona. Per rispondere ai bisogni delle persone è richiesta una disponibilità all’ascolto, questa è l’unica strada per apprendere i desideri di chi si affida alle nostre cure e per dare risposte appropriate. L’obiettivo è prendersi cura della persona, la ricerca del suo benessere, l’aiuto nel mantenere viva la speranza. Allo stesso tempo è importante occuparsi del benessere degli operatori, imparare a gestire le emozioni e darsi sostegno reciproco, dell’organizzazione del lavoro, della crescita culturale attraverso la formazione, la presenza nelle decisioni difficili e l’impegno, affinché il servizio si potenzi e si diffonda nel territorio.
Rispetto al mandato etico che il servizio da Lei diretto si pone e rispetto al diritto di tutti a una vita di qualità, anche in malattia, che cosa Le sta a cuore sia il più possibile diffuso come messaggio?
Primo Levi scriveva che avere a disposizione dei trattamenti per alleviare la sofferenza e non utilizzarli trasforma noi stessi in torturatori, cosa moralmente inaccettabile. Dal punto di vista etico è fondamentale che gli operatori sanitari facciano tutto il possibile per eliminare o ridurre al minimo la sofferenza. Il primo messaggio è fare chiarezza sul significato del termine palliativo, che identifica un trattamento che ha come scopo quello di agire su un sintomo e non sulla malattia che lo ha causato. Le cure palliative non sono “l’ultima spiaggia”, ma una specialità medica capace, attraverso l’utilizzo di trattamenti farmacologici e non, di tenere sotto controllo i sintomi fisici ed il disagio psicologico e sociale per permettere la prosecuzione di una vita di qualità, anche in presenza di una malattia inguaribile. Se ha senso ed è possibile migliorare la qualità della vita, è necessario farlo quando il malato può ancora beneficiarne e non negli ultimi istanti della sua esistenza.
La nostra società pone il corpo al centro della rappresentazione di sé. Quanto ha a che fare la sofferenza con cui Lei viene quotidianamente a contatto con questa centralità del corpo?
La società attuale celebra quotidianamente la bellezza e la fisicità del corpo come valori unici ed indispensabili mentre vecchiaia, sofferenza, malattia e morte sono condizioni della vita che sono state progressivamente emarginate. Nel passato questi aspetti facevano parte del normale ciclo vitale, oggi rappresentano un tabù. Sempre più spesso si soffre e si muore soli; la recente pandemia ha reso ancora più acuta questa solitudine non solo per i morenti, ma soprattutto per i loro familiari. Sostenere il malato e la famiglia nell’accettare l’evoluzione della malattia, nell’espressione dei propri sentimenti, nell’adattarsi alla nuova condizione, sono compiti fondamentale nel percorso delle cure palliative.
LILT si occupa di informazione, prevenzione e sostegno a persone e famiglie in situazioni di malattia oncologica. In che misura le patologie tumorali incidono sulle sfide quotidiane delle Cure Palliative e in cosa consistono?
Le cure palliative hanno permesso ai malati oncologici di affrontare le diverse fasi della malattia nel modo più sereno possibile, grazie al controllo dei sintomi procurati dalla malattia o dai trattamenti a cui erano sottoposti. Oggi poniamo sicuramente una maggior attenzione alla cura del dolore e disponiamo di armi efficaci per contrastarlo, ma facciamo ancora fatica a guardare oltre e prenderci cura anche degli altri sintomi: debolezza, inappetenza, difficoltà di respiro, nausea, insonnia, ansia, tutte condizioni che vengono vissute dalla maggior parte dei pazienti. La sfida è quella di occuparsi dei malati fin dalle fasi più precoci della malattia per offrire sostegno nel controllo del dolore, ma anche degli altri sintomi, del distress psicologico, delle necessità assistenziali ed economiche che rappresentano spesso un dramma anche per le famiglie. Ogni persona ha il diritto ad avere cure palliative come previsto dalla legge 38/2010 e su questo aspetto una associazione come LILT deve assumersi la responsabilità di un costante impegno culturale ed informativo.
Che cosa si augura per il futuro del Suo reparto?
Di realizzare una rete delle cure palliative capace di raggiungere e soddisfare le richieste delle persone indipendentemente dal luogo in cui si trovano, permettendo loro di scegliere dove essere curate. Nel Comprensorio Sanitario di Bolzano l’organizzazione dell’assistenza in Hospice, in ospedale ed a domicilio è in rapida evoluzione e garantisce ad oltre 1000 persone all’anno di essere seguite; a Merano lavorano colleghi palliativisti in ospedale, sul territorio e presso la casa di cura Martinsbrunn. Il servizio si sta sviluppando anche nei Comprensori di Bressanone e di Brunico dove a breve dovrebbero essere realizzate strutture Hospice. L’OMS prevede un numero sempre maggiore di pazienti che avranno necessità di cure palliative, ma non vi saranno sufficienti medici specialisti per rispondere a tutte queste richieste. Dovremo collaborare di più con i medici di medicina generale e gli infermieri dei distretti per garantire, ovunque sia necessario, l’erogazione di cure palliative. Da potenziare saranno anche le case di riposo, dove molti anziani potrebbero beneficiare di un approccio palliativo. Non abbandonare le persone fragili e dare loro dignità fino all’ultimo è un segno di grande civiltà al quale non possiamo rinunciare.
Dottor Massimo Bernardo
Primario dell’Hospice e delle Cure Palliative
presso l’Ospedale di Bolzano

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